Uno spettro si aggira per l’Europa: lo Stato Etico. Con buona pace di Karl Marx ci siamo arrivati a cambiare il suo incipit. Ci sono momenti nella storia umana, in cui si avverte più pressante l’incombenza dell’avvenire, il momento in cui è palese che si debba decidere se ripensare un sistema, o portarlo alle estreme conseguenze, andando a testare le sue fragilità, i suoi confini etici e pratici. Oggi in Europa siamo a quel punto, alla resa dei conti tra lo Stato Liberale e lo Stato Etico.
L’Europa è un congiunto di paesi sospesi tra la socialdemocrazia e il nazionalsocialismo, impanato con un po’ di assistenzialismo cattolico, fritto in olio calvinista e rifinito con una spolverata di protestantesimo. Una ricetta perfetta per sentire la tentazione di lasciarsi rosolare dal dolce sfrigolare dello Statomamma.
Il prodotto è una frittura mista di moralismi concentrici che ci hanno impedito per lustri di affrontare problemi reali per limiti filosofici. Quegli stessi principi di pretesa umanità, condivisione e compassione poi ampiamente disattesi nei comportamenti personali di chi li promulga e che oggi, come sempre, rischiano di diventare gli appigli emotivi a cui il principio assistenzialista/responsabilista dello Stato Etico si aggrappa.
La qualità di un sistema dipende in forma equivalente dall’equilibrio tra la partecipazione dei cittadini allo stesso e la dipendenza di quei cittadini dallo stesso. Un disequilibrio evidente in uno dei due aspetti produce una corruzione del sistema inevitabile. In soldoni: se per vivere bene devo partecipare al sistema anche se non lo condivido, lo faccio, se il sistema mi paga per non interessarmi a ciò che fa, prendo i soldi. L’essere umano si sa è poco complicato, cerca agio, benessere e un grado ragionevole di libertà.
Il problema si pone quando la dimensione di questo grado di libertà si assottiglia e diventa dipendente da un’attitudine etica del potere che stabilisce dei criteri di moralità, o meglio responsabilità, come sentiamo in continuazione, che pretende imporre, usando la paura come giustificante. Come se a un certo punto decidessimo per esempio che tutti debbano diventare vegani perché se no muoiono (cosa anche possibile peraltro).
Analizzando la questione in termini ideali quindi, risulta chiaro ci stiamo avvicinando paurosamente a quello Stato Etico paventato da Hobbes e strutturato da Gentile, dopo essere passato per la razionalizzazione di Hegel. Insomma, un inglese un tedesco e un italiano, proprio come nelle barzellette, ci avevano preparato.
Così, senza renderci conto delle implicazioni annesse, abbiamo riaperto la via al controllo, di per sé anche accettabile in certa misura, ma soprattutto al giudizio morale del comportamento dell’individuo da parte del sistema.
Tutto ciò accade senza produrre resistenze qualificate, ma solo deliranti cortei di imbecilli senza credibilità che finiscono per inficiare gli argomenti che pure ci sono, e, se sostenuti lucidamente, potrebbero riattivare l’intellighenzia europea che latita da troppo, affogata nella frittura.
Se continuiamo così, mi sa che non voglio sapere come finisce la barzelletta.
Fa più paura di un’Europa in guerra..