Correvi come un ragno inseguito quell’anno, eri così magra, scavata, consunta; pensavi che nessuno se ne accorgesse, ma era davvero impossibile non farlo. Cercavi sempre la maniera di scappare al parco e sfinirti di corse e cuffie, a un certo punto avevo anche pensato di farti diventare una fondista professionista. Poi le cose non vanno mai come pensiamo che vadano, la vita ha sempre in mente qualcosa di sorprendente, come gli zingari a Macondo. Nonno Michele lo diceva sempre: “La vita non sbaglia mai, siamo noi che non capiamo cosa dice.”.
E la vita quell’anno mi diceva che avrei dovuto starti accanto, fregarmene del lavoro, degli amici, dei parenti, avrei dovuto restare semplicemente attenta a tutte quelle cose che non dicevi. Che poi magari non avrei risolto proprio un bel niente, ma noi donne siamo convinte di poter controllare tutto, più ci accorgiamo che non è possibile e più ci intestardiamo e io avevo un sacco di cose da tenere sotto controllo in quell’anno fatale.
Cose che ora non ricordo nemmeno, ma che sembravano così importanti da impedirmi di starti vicina. E adesso, cosa posso dire? Discolparmi alle nuvole può davvero farmi sentire meno da schifo?
Sono qui per strada, guardo da lontano la casa dove sei cresciuta, abitata da altri, invasa da altri rumori, intrisa di altri odori, inutile, saccheggiata. Vorrei portarmi via i muri e attaccarmeli in camera come un poster dei Beatles.
Non so se vorrei di più poter tornare indietro a quell’anno infame o non esserci mai stata. Ma sono certa che ogni sforzo per non trovarti sarebbe stato inutile, prima o poi ti avrei comunque conosciuta.
Non parlare male di me, ora, a quelli che ti potranno ascoltare, se esistono. Non pensare male di me e di tutto quello che non so controllare.
Sono quasi a casa, ma non ci voglio tornare, ho paura di sentirmi ancora più sola e preferisco continuare a camminare per queste strade semivuote, popolate da persone senza volto. Continuerò a camminare ancora, sicura che poi, un giorno, così come fanno le maree, d’improvviso, ma con metodo, riapparirai. E allora, smetterò di camminare, ricorderò quell’anno di dolore e promesse inevase e ti porterò a correre con me.