Era sempre di mercoledì. Ogni cosa, bella e brutta, le succedeva proprio quel giorno, tanto che, a un certo punto, si era convinta che il mercoledi fosse qualcosa come un viaggio più che un giorno e ogni volta lo aspettava con quel misto di fregola e timore che fa le persone vive.
Era, in effetti, un mercoledì quando Lina uscì di casa col cappotto rosso che le graffiava appena le guance e il freddo del Po che saliva fumando.
Lina cammina veloce, il picchiettare dei tacchi la annuncia ai passanti che si incrociano indaffarati in Dio sa che cosa.
C’è odore di pane e di freni bruciati, rumori assortiti: dal sussurro al martello pneumatico. Lina fa tutto il lungofiume, passando da sopra però, ché sotto è pericoloso le han detto.
Il marciapiede e un po’ stretto e striscia la manica rossa su molte pellicce e cappotti verdi. Facce ne vede poche, occhi puntati in terra più che altro, lei invece no, cammina con la testa bella alta, il mento dritto e gli occhi a spasso. Sembra l’attrice di un film muto che si intitola Stupore.
Il mercoledì le fa quell’effetto lì a Lina, vede il mondo come fosse la prima volta: la piazza gigante, le scale di pietra che scendono al fiume, la solida grazia del ponte su cui passano i tram, le sembra che li abbiano appena messi lì, soltanto per lei.
Di solito, arrivata a quel punto, gira a sinistra, infila i portici della piazza e poi risale via Po.
Ma oggi no. Oggi ha deciso che le voci non contano e il lungofiume non può essere così pericoloso. Allora decide di scendere le scale di pietra. L’aria è più calda man mano che scende, l’acqua che scorre, da lì, diventa parole.
Lina ha gli occhi come spugne di mare, assorbe i germani reali, la piccola cascata che il fiume produce proprio in quel punto e l’erba e i mirabili fusti degli olmi e le eleganti lacrime delle felci ingoiano tutto i rumori: dal sussurro al martello pneumatico.
C’è un ragazzo seduto sull’argine poco più in là, ha i riccioli biondi e gli occhi azzurri, un cappotto blu col bavero alzato a proteggere la nuca; guarda un punto del fiume, non lo distraggono i merli, le cornacchie e le papere, nemmeno si accorge che Lina gli si siede di fianco.
“Cosa guardi?” gli chiede.
Il ragazzo si volta, la vede, pensa che sembra l’attrice di un film muto che si intitola Stupore. Le sorride: “Vedi laggiù?”.
Il ragazzo solleva il braccio e, con l’indice teso, indica un punto del fiume poco più in là.
Lina segue la linea, ma vede solo acqua che scorre: ”Il fiume?” chiede.
Il ragazzo scuote la testa, Lina comincia a pensare che i suoi occhi celesti, i riccioli biondi e quel modo di scuotere il capo tanto sfrontato avevano a che fare con la magia del mercoledì.
“Se guardi bene, ci sono dei pali che spuntano dall’acqua.” dice il ragazzo.
Lina si concentra, socchiude un po’ gli occhi come le vecchie, anche se ha solo trent’anni. Non vede niente, ma mente: “Ah sì, ecco.”
Il ragazzo non ci crede, scuote di nuovo i riccioli e le si avvicina, le mette il braccio di fianco alla guancia, al posto del bavero rosso. La pelle di Lina si increspa. Ora li vede davvero i pali, ma fa finta che no, si gode il profumo di cedro e tabacco e appoggia il naso sulla lana del cappotto blu che lo emana.
“Una volta, da lì partiva l’idrovolante.” dice il ragazzo.
Lina si sveglia dal lieto torpore olfattivo, chiude gli occhi e immagina l’idrovolante planare sull’acqua e lei e il ragazzo coi riccioli biondi, che ovviamente lo pilota e lo possiede, che scendono sul lungofiume tra gli sguardi ammirati dei vecchi e l’entusiasmo dei giovani.
“Se ci credi davvero, succede.” disse infine il ragazzo.
Quando Lina apre gli occhi il ragazzo non c’è più, lo cerca con gli occhi, ma non lo riesce a trovare, ci pensa un po’ su e pensa che in fondo è ancora mercoledì.