Una cosa mi lascia sempre un po’ stranito degli umani contemporanei, questa incapacità che abbiamo di immaginare un futuro migliore.
Gli ottimisti, oggi, sono un po’ come i venditori porta a porta: spariti e pure un po’ vessati.
Insomma, se non credi che finiremo inesorabilmente in un grosso guaio, fatto di disastri, fame e guerra sei un cretino, per i più gentili un ingenuo. Il mantra dei nostri giorni è: “Vedi, ormai è troppo tardi!”.
Per chi conosce la cosiddetta legge dell’attrazione è evidente quanto questo atteggiamento mentale sia controproducente per la specie, ma anche chi è meno spirituale e si affida alla psicologia, può cogliere il disastroso impatto che questo eterno prepararsi all’apocalisse abbia sulla qualità della nostra vita e degli esseri umani generati da questa forma mentis deleteria.
L’ottimismo non è solo il sale della vita (cit.), ma è anche una straordinaria risorsa per l’immaginazione e il progresso.
Mi spiego: chi vede il futuro come un inarrestabile susseguirsi di tragedie paventate, agirà e programmerà il futuro in base a questa visione; lungi dal cercare sviluppo ed evoluzione, si limiterà a cercare di difendersi da problemi sempre più grandi e insormontabili non per risolvere i problemi reali, ma per prevenire problemi immaginari che potrebbero non verificarsi semplicemente agendo sui primi.
Se passo la vita a pensare che andrà tutto male, probabilmente avrò una vita di merd, scusate il francese, inoltre, trascinerò facilmente nella mia visione cupa le persone che mi stanno vicine. Insomma, proprio cercando di evitare l’apocalisse starei preparando il terreno ideale per la sua venuta.
Alla base di questa crisi dell’ottimismo, io credo ci sia la perdita di un elemento fondante dell’umanità: la fiducia.
Dostoevskij insisteva molto su questa faccenda della fiducia, non c’è società senza fiducia. Certo, è un problema che parte da lontano, da un progressivo deperimento delle istituzioni di riferimento, dal bidello al dottore, passando per il prete, tutto oggi è opinabile, nessuno è credibile, menchemeno chi dovrebbe avere le chiavi del regno e amministrarlo. Per esempio, davvero oggi c’è qualcuno che sa che idee stanno alla base del partito che vota? Ci sono davvero delle idee o è solo rubabandiera evoluto?
Quindi qualcuno potrebbe dire, e lo dicono in tanti, che se siamo a questo punto di pessimismo endemico è perché la nostra fiducia l’hanno tradita tutti: i politici con la corruzione, i preti coi bambini, le scuole con i terremoti e via dicendo. Il fatto però è che è proprio qui e ora che serve la fiducia!
Prima era facile, in quel mondo ideale dove il sindacalista proteggeva il lavoratore, dove il prete aiutava gli orfani, dove il politico serviva lo Stato; ma è proprio adesso, quando le istituzioni fanno fatica a reggersi in piedi, quando le persone hanno smesso di pensarsi come umanità, quando lo spettro dell’apocalisse autoinflitta sembra prendere corpo, è adesso il momento della fiducia.
Senza speranza non c’è futuro, senza il concetto di fidĕre «fidare, confidare» non c’è umanità.
Quindi, vi prego, la prossima volta che state per dire che andrà tutto a ramengo, provate a fermarvi, a respirare, a guardarvi un po’ intorno e pensate a cosa potete fare affinché quel pensiero di morte si trasformi in un’idea per mondo migliore.