Un giorno come gli altri

Era un giorno come gli altri all’inizio. Michela si era alzata, aveva rifatto il letto, acceso il fuoco al minimo sotto la moka già preparata dalla sera prima e si era messa nella doccia. Poi, aveva raggiunto il tavolo con l’iPad in mano, per scorrere le notifiche e vedere se l’uomo dei sogni era finalmente apparso nei match. Come ogni mattina, trattenne il fiato, alzò gli occhi al cielo in cerca di un qualche conforto, nonostante fosse atea, e sbloccò il tablet. Come ogni mattina, niente, solo i 100 messaggi di Lamberto, il suo ex. Decise di non leggerli, per non peggiorare ulteriormente l‘umore che cominciava a farsi scuro e opprimente come il cielo fuori dalla finestra.

Avrebbe voluto abbassare tutte le tapparelle e rimettersi sotto al piumone fino all’indomani e probabilmente avrebbe fatto bene a seguire quell’istinto, ma il senso del dovere, come ogni mattina, prevalse.
Michela andò in camera, indossò i collant, una lunga gonna nera e un top bianco, coperto infine da un maglione di lana sintetica oversize, nero pure lui, non si guardò neppure allo specchio; infilò i Dottor Martens, raccolse la borsa, il soprabito e l’ombrello a lato della porta e uscì.

Fuori faceva meno freddo di quel che sembrava a vederlo da dentro e Michela cominciò a sudare. Salita in auto, la situazione peggiorò e allora al primo semaforo è costretta a togliersi il maglione e restare solo col top bianco. Due tipi nell’auto ferma di fianco cominciano a fissarla con languore, facendo commenti che per fortuna Michela non può sentire; invece sente benissimo una botta al finestrino di destra. Si volta di scatto e c’è un tipo con la fronte appiccicata al vetro che la fissa morboso. Per fortuna viene il verde e Michela scatta via.

L’ufficio è vicino ormai, fa i soliti tre giri per trovare parcheggio, continua ad avere caldo, nonostante le nuvole e l’autunno, ma le basta aprire la portiera e beccarsi un fischio di presunto apprezzamento da un passante che potrebbe essere suo nonno per decidere di rimettersi il maglione. Lascia il soprabito e l’ombrello in auto e s’incammina.

“Michela!”

Michela ha sentito, ma tiene la testa bassa. La voce si avvicina, Michela tira fuori il cellulare e finge di scrivere un whatsapp.

“Michi ma che fai? Non mi saluti?”

Michela si volta, finge stupore: “Alberto! Ma che, scusa, ero con la testa nel telefono.”.

“Ah capisco, fidanzatino nuovo?”

Michela vorrebbe dargli un pugno, ma sorride.

“Prima o poi ci verrai a cena con me?”

“Poi ne parliamo eh, ora scusa ma…”

“Ma faccio tardi. Lo so, lo so, la solita scusa. Fatti salutare bene almeno.”

Alberto, senza attendere risposte, le stampa due baci umidicci ai lati delle labbra. Poi si allontana, fissandola con uno sguardo che lui crede da Jean Paul Belmondo, le labbra all’infuori e il braccio un po’ alzato a indicarla.
Michela corruga la fronte e riparte, pesca una salvietta disinfettante dalla borsa e ci si pulisce la faccia. 

L’ufficio e proprio là, saranno trecento metri e Michela spera di passarli senza qualche predatore che le rompa le balle, sblocca di nuovo il cellulare per usarlo come scudo. In quel momento arriva La notifica: un match con un cuoricino di fianco. Michela si ferma, ha il cuore in gola, alza gli occhi al cielo e clicca sulla notifica, è un adone, è Max92, se lo ricorda bene quando l’ha likato. Emozionata, scorre il profilo: educato, pulito, sportivo, gentlemen… Finalmente Michela sorride. Apre la chat e di nuovo alza gli occhi al cielo per trovare l’ispirazione per il primo messaggio della sua nuova vita. Si ferma a lato del portone dell’ufficio, appoggia la schiena allo stipite. Regge il telefono con due mani, i pollici pronti a battere i tasti della ouverture della storia del secolo. Comincia: “Hey Max92, mi…”

“Michelaaa! Vaffanculooo!”

“Lamberto!” fa in tempo a dire Michela.

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