Ogni volta che un bacio

In quei giorni, riflettevo su quante volte un bacio mi avesse cambiato la vita. Il bacio non è solo questione di amore, ma anche di affetto, comprensione, a volte compassione.
La questione mi stava tanto a cuore che non riuscivo più a limitarla e mi ritrovai quindi  ossessionato dalla ricerca della conferma della mia teoria: esistono baci che ti cambiano la vita.
Tra i miei tanti trastorni psicologici e psicosomatici, c’è questa imparabile necessità di trovare conferma alle teorie che sviluppo. In questi casi, mi rivolgo ai miei amici, finché non trovo qualcuno che corrobori la mia tesi. Come sempre, sono andato a interrogarli.

Giovanni

Giovanni, Vanni per gli amici, è un tipo piuttosto strano, non lavora per vivere, anche se è ingegnere, lui posta video di cucina marocchina, anche se è di Salerno e vive qui al nord già da vent’anni. In Marocco ci è stato due volte, di cui una in crociera. 
Vive proprio nella casa di fianco alla mia e, ogni volta che esce, suona il clacson per salutare. Non l’ho mai visto con una donna, né con un uomo. A volte sì, fa delle feste, ci ritroviamo lì in una decina di più o meno amici, mangiamo una specialità marocchina e beviamo tè verde. Non è che proprio sia il mio genere, ma Giovanni è un buon amico, e, se ci penso bene, il suo bacio, quello sulle guance, tipico dei meridionali quando si presentano, mi ha cambiato un po’ la vita. Per esempio, mi ha permesso di sapere che la cucina marocchina non mi piace affatto e che, se ci credi, puoi davvero spacciarti per chiunque. 

Comunque, tornando a noi, sapevo che dopo le 19 lo avrei trovato in casa. Ho aspettato sorseggiando uno spritz sulla veranda, mi bastava girare la testa verso casa sua per sapere quando sarebbe rientrato. Arrivò puntuale, alle 19, come previsto. Gli lasciai il tempo di mettersi comodo o iniziare a preparare la cena e mi feci un altro spritz. Chiamatemi scemo, ma ero anche un po’ emozionato di andare a fargli la domanda. Mica sono un giornalista o uno psicologo io. Faccio trading di scarpe da ginnastica, in attesa di restare l’unico erede della famiglia in vita, ma questo ora non c’entra affatto. 

Al terzo spritz, erano le nove, la luce del patio di Vanni era accesa e allora mi feci forza e attraversai i pochi metri di vialetto che separano le nostre case. Vanni alzò la testa, era seduto anche lui in veranda, ma dandomi le spalle.
“Ciao Vanni.” dissi e poi la cosa andò più o meno così:

Io: Ci sono dei baci che ti hanno cambiato la vita?

Vanni: Non ci ho mai pensato.

Io: potresti farlo per favore?

Vanni: Ok

Non disse altro, mi augurò la buonanotte, tiro giù in un sorso il gin tonic che aveva davanti ed entrò in casa. “Allora pensaci eh!” urlai e, mi pare, di aver sentito un mugugno di assenso, ma forse era solo il solito scarico del lavandino di Vanni che a volte fa dei versi tipo tacchino.

Ursula

La mia amica Ursula, di sicuro, ne aveva dati tanti di baci che cambiano la vita. Non fosse solo che è bellissima è anche la ricchissima proprietaria dell’unica grande fabbrica rimasta aperta in zona e davvero mi aspettavo che lei avrebbe avuto moltissimo materiale per la mia ossessiva smania di conferma della mia teoria sui baci. 
Ho dovuto chiamarla prima, perché è sempre troppo impegnata, mica come me e Vanni. 
Le dissi che dovevo farle una domanda e che avevamo bisogno di privacy e di tempo. Mi invitò allora alla sua casa in campagna il sabato stesso.
Che te lo dico a fare che la casa sembra quella di Vivir sin Permiso e la vista sul lago dalla piscina è soltanto incantevole. Ursula mi aspetta semisdraiata, col caftano di pizzo bianco che pende ai lati del lettino su cui è appoggiata come una diva. Il cappello bianco di paglia a larghissime falde, gli occhialoni da sole di Gucci e i due gomiti piantati sui braccioli di legno a sostenere le splendide mani che ondeggiano a mezz’aria. Quando mi vede, abbassa un po’ gli occhiali e mi fa cenno di avvicinarmi. La raggiungo, ovviamente non si alza e mi porge il dorso della mano, mi chino per baciarla e quasi mi sfregio il naso col diamantone che occupa l’anulare perché lei si sfila prima che le labbra possano toccarla. 

“Sei sempre splendida.” le dico.

“Invecchio.” dice lei. Poi, con un cenno chiama il cameriere in attesa al lato opposto della vasca e gli fa due con le dita e mi dice: “Mettiti comodo.”.

Prendo una sedia da sotto la pergola e mi siedo a fianco del lettino.

“È proprio una cosa seria allora. Vorrai mica dei soldi?” dice.

“Ma no, figurati. È che ci risiamo… ho un tarlo fisso, tu mi conosci mi faccio delle domande, mi do delle risposte e poi devo verificarle.”

“Ah ho capito, come quella volta che volevi sapere da che parte ci sediamo per andare in bagno.”

“Esatto! Ma questa volta è una cosa molto più filosofica eh, quasi mistica direi. Mi servirà a capire se sono davvero un romanticone stupido o un illuminato.”

Il cameriere arriva e ci serve un paio di vodka martini che avrebbero steso Burt Reynolds e torna ad appostarsi oltre la piscina. 

“Allora, avanti, fai la tua misteriosa domanda.”

“Ci sono dei baci che ti hanno cambiato la vita Ursula?”

“Ahhh, non parliamo mica di defecare guardando il muro allora. Stai bene?”

La domanda mi prese alla sprovvista, forse ero appena brillo, ma sì, confermai: “Sto benissimo.”

“Io non bacio nessuno, l’umanità mi repelle, dovresti saperlo.”

“Ma come – protesto – e tuo marito, e i tuoi figli? Ilaria, Marco…”

“Non serve baciarsi per procreare mio caro, tantomeno per crescere dei figli. La cosa più vicina a un bacio che faccio è usare lo stesso bicchiere di Paolo per sciacquarmi i denti la mattina.”

“Beh almeno il bacio all’altare l’avrai dato?”

“Ci siamo sposati per procura, i nostri avvocati, a Zurigo.”

“Ah.”

“Ora pensi di farti un bagno o ci facciamo un altro giro?”

“No, no, lascia stare. Guarda non te la prendere, ma preferisco tornare a casa.”

“Umpf, ok.” dice, mi porge di nuovo la mano e faccio solo finta di baciarla stavolta.

Quando sono ormai dall’altro lato della piscina, mi urla: “Dovresti chiedere a Claudio.”

Mi voltai: “Claudio parrucchino, quello del Gran Bar?”

“Sì, lui.”

“Proverò, grazie.”

Claudio

Il fatto di non avere un’occupazione, mi induce a trascorrere molto tempo pensando.
Il mio primo analista era molto critico su questo aspetto del carattere, diceva che mi avrebbe fatto diventare pazzo prima o poi e tendeva a minimizzare i miei bisogni, definendoli ‘fissazioni’, per questo l’ho licenziato, sì, insomma, ho smesso di andarci. 
Mi è venuto in mente, perché anche lui portava il parrucchino, proprio come Claudio del Gran Bar. Non avevo bisogno di avvisarlo, come tutti quelli che hanno un bar, ci vive dentro e sapevo che non vedeva l’ora di avere una scusa per mettersi seduto a chiacchierare con me. Ursula mi aveva dato un buon suggerimento. 

Arrivo al bancone sorridente e convinto che finalmente lui mi avrebbe confermato che esistono i baci che ti cambiano la vita, mettendo fine al mio peregrinare.
L’entusiasmo comincia a declinare quando Marta, la cameriera, mi dice che Claudio è in ospedale, ha avuto un brutto incidente. Mi lascio cadere sullo sgabello alle mie spalle.
“Non ci posso credere, ma com’è successo?”

“La moglie lo ha afferrato per il mento per baciarlo mentre guidava e lui ha fatto un frontale.”

“Ma è fantastico!” grido.
Marta mi guarda stranita. Io sono troppo felice per evitare di uscire saltellando e dicendo a chiunque: “Esistono, esistono!”.    

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