Mentre pensavo che non tutte le rivoluzioni sono buone, ho pensato a un racconto di qualche anno fa, è giusto il finale, mi sembra calzi…
Qualcuno
Che potevo fare? Urlare, avvertire, cosa sarebbe cambiato? Avrebbero ucciso anche me. Zio Paolo avrebbe fatto lo stesso, mi dico. Sono sicuro che nessuno mi ha seguito, che nessuno ha trovato il biglietto, giuro! Avevo deciso di andare, ma solo per salutare zio e spiegargli che non posso mollare la fattoria, che uomini come me sono prigionieri delle loro mansioni. Io sono un contadino. È una colpa non essermi alzato dal fosso per urlare il pericolo quando ho visto arrivare la pattuglia?
Fortunatamente sono tornato in tempo per la semina, la scorta è stata meno invadente dell’altra volta e abbiamo fatto cinque campi. Ho anche giocato di sguardi con Angelina. La B. non c’era nemmeno stavolta, sono certo che non era la sua la chioma bionda schiantata al bosco rosso. Angelina mi ha sorriso apertamente e le altre donne non hanno sussurrato mentre passavo.
Ho capito perché quando sono rientrato. Maria mi ha consegnato il foglio su cui è ingiunta la partenza immediata per il fronte, quando canterà il gallo. Dice che la situazione vigente fa decadere ogni privilegio.
Zio Paolo aveva ragione dunque, se avesse avuto ragione su tutto?
Questa notizia è stata un vero colpo, ho superato i divieti di Maria e raggiunto la stanza di papà col foglio ancora in mano. Lui non s’è scomposto. Era nel letto, le guance ridotte un ricordo, ha detto che zio Paolo è morto.
Gli ho chiesto se Zio avesse ragione.
Lui non ha risposto. Ha alzato il dito verso la lettera. Gli ho chiesto se poteva fare qualcosa, lui ha detto che il podestà m’ha aiutato finché ha potuto. Io ho detto che non voglio fare il soldato, lui ha detto che non ho scelta. Ho chinato la testa e alzato le spalle, lui anche. Finalmente l’ho guardato, eravamo due specchi riflessi uno nell’altro, all’infinito. E ci ho visti lì, in fila, a chinare la testa e alzare le spalle.
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