L’ultima volta

“Qui solo Corrotti e disarmati, prego.” 

“Ah…” Julian posò la rivoltella sul tavolino preposto, insieme alle altre, poi mostrò il braccialetto inibitore. L’impiegato gli consegnò il pass e lo salutò con un cenno del capo, un movimento che quel giorno doveva aver ripetuto così tante volte da sembrare un Borg.
Certo era impossibile che uno di quei cosi si fosse intrufolato proprio lì, all’Assemblea Generale dei Corrotti, ma per un momento ci aveva creduto e un brivido liquido gli aveva attraversato la spina dorsale.

Entrò nella sala gremita e si sentì subito a suo agio, rendersi conto di non essere il solo in quella condizione, ormai così rara, lo metteva di ottimo umore. Stava per avvicinarsi al banco bar, quando un fischio lancinante del microfono, catturò l’attenzione di tutti i presenti e li costrinse a voltarsi verso il palco.

Il Decano dei Corrotti picchiò le dita sul microfono, si schiarì la voce e disse: “Benvenuti miei cari!”. Un applauso timido, poi scrosciante, partì spontaneo dalla platea. Il Decano continuò: “Oggi è un giorno importante per tutti gli umani rimasti.” l’uso della parola proibita contribuì a rendere tutti ancora più attenti. “Non abbiate paura, sì, l’ho detto: umani. E se vi ho riuniti qui è perché oggi ricomincia la Storia. Oggi, noi smettiamo di chiamarci e farci chiamare Corrotti!”

L’annuncio provocò un vero boato inatteso, il Decano faticò non poco a riportare la calma, i Corrotti si abbracciavano, qualcuno improvvisò anche due passi di danza, rischiando l’elettrificazione contenitiva immediata. Il Decano ricorse a tutta la sua autorità per governare l’euforia ed evitare una carneficina: “Ascoltatemi!” urlò.
Poco a poco, il clamore si trasformò in brusio, fino a spegnersi del tutto. 

“In questo preciso momento, i rappresentanti delle cinque riserve sono a Washington SV a firmare un trattato che ci consentirà di definirci ed essere definiti come Human1.0!” dichiarò eccitato.

L’entusiasmo che, ora sì, si aspettava per quell’annuncio non arrivò affatto. Le centinaia di uomini e donne prima festanti ed eccitati, al punto di rischiare un’elettrificazione contenitiva collettiva, lo guardavano affranti, incapaci di sentirsi felici per quella nuova nomenclatura che li attendeva. Già si figuravano le beffe sui connettori sociali e per strada da parte dei Riformati e il ghigno perfido dei Borg quando li obbligano a identificarsi.

“Bella cagata!” urlò Julian, che non riusciva a togliersi dalla testa le immagini dell’ultima recente campagna di Riforma trasmessa dai Governi Connessi.
Nello spot, che andava in loop sui cartelloni e le publifacciate dei palazzi, si vedevano la giornata tipo un Corrotto e di un Riformato a mezzo schermo. Il riformato fa un lavoro fighissimo alla Macrohard, balla in discoteche da 10.000 crediti a ingresso, beve con le amiche e gli amici in terrazze all’aperto, viaggia su airauto fuoriserie e gode di tutti i privilegi e le nozioni della connessione organica diretta con l’Intelligenza Collettiva. Il Corrotto, invece, dopo aver fallito in operazioni basiche come legarsi le scarpe, finalmente trova una ragazza, la porta fuori, si piacciono. Tuttavia l’emozione è talmente grande che l’inibitore di emozioni li frigge non appena si avvicinano per baciarsi.
Il claim alla fine dello spot dice: “Back to life. Enjoy Collective Intelligence!”. 

Julian era così inviperito che decise di andare sul palco. Sapeva che l’unica emozione che non avevano inibito ai Corrotti al rifiutare la connessione organica era la rabbia ed era deciso ad approfittarne. Il Decano, vedendolo sopraggiungere così impetuoso, si allontanò dal centro del palco con le mani alzate. Julian afferrò il microfono e cominciò a camminare nervosamente, poi disse: “Io penso che siamo arrivati a un punto di non ritorno. Quando, negli anni 30, ci hanno detto che avevamo due scelte: o connetterci alla Collective Intelligence o indossare l’inibitore di emozioni, ci avevano detto che non sarebbe cambiato nulla in base a quella scelta, che avremmo continuato ad essere considerati uguali davanti alla legge e rispetto ai nostri diritti. Sono passati solo 20 anni da allora e sappiamo che non è così. I Borg ci hanno preso il lavoro, i bot scrivono i libri, girano i film, le airauto si pilotano sole, perfino lo sport lo giocano i robot. Siamo sempre più inutili, lo capite?” qualche timido cenno di approvazione della platea lo convinse ad andare avanti.
“Dicono che l’Intelligenza Collettiva ci rende migliori, che ci fa sapere tutto, che può prevedere tutto e che è inutile pensare di poter fare meglio di lei, quindi tanto vale connetterci, no? Massì, andiamo tutti, ora, a farci connettere. Siamo poche migliaia di Corrotti ormai, viviamo nelle riserve, come gli indiani una volta, non possiamo viaggiare, guardare un tramonto, ascoltare una canzone senza che questo dannato inibitore ci uccida.”
Julian alzò il braccio destro e mostrò il braccialetto inibitore alla folla: “Beh io non ci sto più.” gridò. Afferrò il bracciale e lo strappò via dal polso, lo gettò in terra e ci si mise a ballare sopra.
“Avanti!” urlava “Altro che umani 1.0, voi siete persone! Potete vivere! Avanti, strappateli!”.

Poco a poco, la gente cominciò a sfilarsi i bracciali, gettandoli un po’ ovunque e tutti ballavano, alcuni si attaccavano alle bottiglie di gin scadente del banco bar, altri si rincorrevano ridendo; un giovane, Corrotto fin dall’infanzia, ne approfittò per baciare tutte le donne presenti, ballare e ubriacarsi, tutto in quei pochi minuti di euforia collettiva.
Fu Julian, che si godeva lo spettacolo dal palco, l’unico ad accorgersi che il Decano non era sparito, li guardava dalla porta d’ingresso. Fu sempre Julian l’unico a rendersi conto che aveva proprio ragione: era un Borg quello all’entrata, un fottuto Borg esplosivo. Il Decano lo spinse dentro, chiuse la porta e se ne andò.

Quella, si dice, fu l’ultima volta che un umano pensò.

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