Tutte le volte che Nichi usciva di casa, le succedeva di incontrare un piccione, o forse una tortora, sì più una tortora perché è di quelle color tortora appunto, non grigio, viola, bianco e nero. Il volatile, ogni volta che Nichi apre il portone del condominio e si ritrova in cortile, sembra apparire dal nulla; le fa un giro intorno alla testa e vola via.
Nichi è sicura che questa storia voglia dire qualcosa, ma purtroppo succede solo quando è sola, quindi nessuno le crede quando racconta: “Sai che ogni giorno, quando esco di casa, una tortora mi fa un giro attorno alla testa e va via?”.
Offesa dallo scetticismo, le prime volte, alla tipica risposta: “Non ci credo!”, rispondeva: “Allora vieni a vedere. Domani alle nove, ti apro il cancello e vedrai coi tuoi occhi.”.
Ma niente, quando c’era qualcuno che potesse testimoniare l’inusuale volteggio della tortorella, quella non si faceva vedere. Dopo tre tentativi sfumati, Nichi si risolse a tenere la cosa per sé.
I tre che aveva inutilmente costretto ad assistere all’evento avevano poi proseguito a guardarla con quel misto di paura e compassione che si riserva in genere ai pazzi o ai malati incurabili.
Nichi era sicura che qualcuno le avesse dato persino un soprannome per quella faccenda.
Intanto, la tortora continuava la sua scaltra routine e Nichi inizialmente inveiva, ma poi, si rese conto che, ogni giorno di più, aspettava di scendere le scale, aprire il portone e trovarsi da sola in cortile e sentire quel vento privato solleticarle i capelli e farle sorridere le sopracciglia.
Nichi, va detto, ha una certa passione per i misteri, la magia, lo spiritismo e tutto ciò che possa sembrare anche solo lontanamente capace di rimescolare il destino senza saper dire come e perché. Decise quindi di abbandonare lo sproloquio ed assegnare al volatile un ruolo esoterico. La tortora divenne allora messaggera del soprannaturale, venuta a svegliare l’anima magica e il destino fatato di Nichi da un lungo torpore.
Cominciò a uscire a ore improbabili per dar fede a questa bislacca teoria, e, in effetti, anche se usciva di corsa alle 4 di mattina nel freddo di gennaio, la tortora arrivava, faceva il suo bel giro intorno alla testa e se ne andava via.
Dopo svariate settimane di prove, le stesse assunsero il valore di inconfutabili, radicando profondamente la convinzione di Nichi sulla tortora come deus ex machina della svolta alla sua monotona esistenza e unica risorsa per un riscatto ormai insperato, alla soglia dei 50 anni.
Nichi si convinse che doveva catturare la tortora.
Da quel momento, la sua vita sociale, già limitata, divenne inesistente. Finì col perdere il lavoro e gli amici, il suo solo obiettivo divenne catturare la tortora, ridurla all’immobilità, trasportarla in casa e interrogarla. Questo ameno progetto dà di certo la misura della qualità quantomeno dubbiosa delle fonti che avevano formato Nichi a livello esoterico.
Dopo tredici giorni di tutorial, raffinate ricerche su siti specializzati e innumerevoli bozzetti scarabocchiati su qualsiasi scampolo di carta presente in casa, l’illuminazione la colse: il cappello trappola. La realizzazione del geniale manufatto costò pochissima fatica e 47 minuti tra il reperimento dei materiali e la cucitura di una borsa di juta a un vecchio cappello da mondina ricordo della madre defunta.
Il funzionamento del cappello trappola è piuttosto rudimentale, ma si dimostra efficace. La tortora, come previsto, si avvicina alla nuca di Nichi da sinistra, lei solleva la falda imborsata e il povero uccello finisce dritto nel saccone di juta.
Nichi fa un nodo e torna in casa di corsa, tenendo il sacco col braccio teso in avanti, assumendo una postura da giocatrice di hockey col sacco che si agita al posto della mazza.
Apre la porta dell’appartamento, finalmente la sua personale sfinge è dove deve stare, in casa con lei. La tortora ha smesso di agitarsi, Nichi aveva svuotato il ripostiglio appunto per quel momento che aveva immaginato dirimente.
Trascinato il sacco nello sgabuzzino, chiude la porta, appoggia il sacco in terra e scioglie il nodo. La tortora saltella verso la luce, finché la juta smette di coprirle gli occhi. Fa un ultimo salto e si ritrova lì, faccia a faccia con Nichi che si è accosciata e la fissa, in attesa di chissachè . La tortora piega la testolina verso destra, poi verso sinistra, gli occhietti neri si muovono rapidi a cercare una via di fuga, ma poi si fissano su Nichi che continua a guardarla, finché esasperata, urla: “Allora! Perché non parli?”.
Non ricevendo risposta, Nichi scoppiò a piangere, si era immaginata che, una volta sole, la tortora avrebbe finalmente rivelato quali grandi piani l’universo avesse in serbo per dare una meravigliosa svolta alla sua vita. Vedendola tanto affranta, la tortora le volò vicino, si posò sulla spalla tremante di pianto e cominciò a strofinarle il morbido collo sulle guance, come un delicato fazzoletto di piume.
La disperazione di Nichi si placò di immediato.
Da quel giorno, quando la gente la vede sulla panchina del parco, attorniata da piccioni, tortore e passerotti che le fanno una nuvola intorno e beccano delicatamente miglio e pane dalle sue mani, gambe e braccia, non si può rendere conto che una tortora le sta sempre posata sulla spalla e, ogni tanto, le sfrega il collo sulla guancia, come a ricordarle che qualcuno la ama.
